Curiosità

Cosa dovreste sapere sul ferro stiro

Cosa dovreste sapere sul ferro stiro

Il ferro da stiro è un elettrodomestico indispensabile, piccolo, funzionale e di facile utilizzo. Considerato il miglior amico delle casalinghe, con le sue piastre riscaldate in alluminio, è lo strumento principe per gestire le pieghe sui tessuti, talvolta eliminandole, talvolta creandole.

Stirare è un’attività che comporta un minimo di sforzo, si sa, ma la tecnologia sforna prodotti sempre più all’avanguardia al fine di ridurre lo stress e migliorare la qualità della stiratura. Ma questo oggetto così familiare quando è stato inventato? È sempre stato così?

La nascita del ferro da stiro

La passione per la stiratura dei tessuti non è recente come si potrebbe pensare… anzi è esattamente il contrario. Guardando negli affreschi rinvenuti nelle Tombe egizie si può notare come era consuetudine del faraone indossare gonnelli di pregiati tessuti rigorosamente plissettati.

Ciò la dice molto lunga sul ferro da stiro e sulla sua datata esistenza… gli Egizi inventarono il “lisciatoio” per tessuti che consisteva in una pesante piastra di ferro da passare su tessuti imbevuti in una soluzione di gomma e talvolta inumiditi con acqua per rendere meno difficoltosa la stiratura.

Ma la prima vera forma di ferro da stiro a caldo è stata inventata in Cina e consisteva in un contenitore di bronzo da riempire di brace, dotato di un lungo manico, ha rivoluzionato in modo sensazionale la stiratura. Anche i Romani utilizzavano piastre di ferro dotate di manico riscaldate, mentre per le pieghe preferivano utilizzare il metodo degli Egizi. Il ferro da stiro migliore nel corso degli secoli ha subito modifiche sulla forma per rendere più agevole la stiratura, fino all’invenzione del ferro elettrico e il ferro a vapore, strumento ampiamente utilizzato nelle lavanderie, con gli innumerevoli modelli dagli accattivanti design presenti sul mercato.

Curiosità

Oggi ci si lamenta molto sul faticoso lavoro che occorre per stirare una pila di vestiti! In verità rispetto agli stiratori del passato non c’è proprio nulla da invidiare… Occorre precisare che “il ferro da stiro” nel corso dei secoli e delle varie culture veniva costruito con materiali molto pesanti e quindi stirare era un mestiere che richiedeva l’impiego di un sacco di energie. Basta pensare che un ferro da stiro pesava intorno ai 6 kg e il manico non era sicuramente costruito in modo ergonomico per limitare lo stress alle articolazioni durante l’utilizzo.

Usi

Circa l’utilizzo di questo elettrodomestico, sembra scontato che trova impiego soltanto nella stiratura dei tessuti ma non è così. In passato veniva utilizzato dalle donne per la stiratura dei capelli mediante l’ausilio di un piano spazioso e di un asciugamano umido. Alcuni preferiscono utilizzarlo per plastificare documenti apponendo sul foglio di carta un foglio in plastica e ricoperti col famoso asciugamano su cui passare il ferro, altri ancora in casi di emergenza lo utilizzano come fornello, altri ancora se ne servono per sigillare i sacchetti alimentari in plastica simulando il sottovuoto. Alcuni addirittura lo utilizzano per riparare le crepe nel parquet… che dire!! È una fantastica invenzione.

Rasoio: ieri e oggi

Rasoio: ieri e oggi

Il rasoio è uno strumento impiegato dall’uomo sin dall’antichità per radersi, secondo le varie mode, barba e capelli. Si tratta di un oggetto indispensabile per milioni di uomini ma apprezzato anche dalle donne che non amano vedere barbuto il proprio partner e che vogliono eliminare senza dolore qualche pelo in eccesso.

Il rasoio nella storia

Si ritengono rasoi, e tali vengono chiamate, le lame di ossidiana, di selce ed infine di bronzo rinvenute nelle tombe preistoriche, dapprima di forma rettangolare, poi, nel periodo di impiego del ferro, in genere di forma semilunare. Non abbiamo esempi di rasoi greci; frequenti invece quelli romani (novaculae o cultri tonsorii), a lama di ferro sottilissima, muniti di un manico in avorio o in legno, in genere decorato; la particolare forma del manico permetteva di impugnare tale rasoio come gli analoghi strumenti moderni.

Le due forme, quella rettilinea e quella curva, si alternarono finché, in età pressoché moderna, con l’impiego dell’acciaio, il rasoio assunse forma costante con sezione cuneiforme, filo sottile e taglientissimo, lati della lama incavati in modo da aumentarne l’elasticità e la leggerezza. Dato l’evidente pericolo di questo strumento, sin dal secolo scorso si idearono vari accorgimenti per renderlo piú sicuro; tra questi una guaina che bloccava il rasoio in una data inclinazione permettendogli cosi di tagliare solo quei peli che, attraverso intagli, pervenivano a distanza utile dalla lama.

Il rasoio moderno

Il rasoio di sicurezza tipico venne però ad essere, all’inizio del nostro secolo, quello ideato dal Gillette nel quale è mantenuto il concetto di una piastrina di guardia tra la pelle e la lama; quest’ultima infine è sostituita da lamette d’acciaio, cambiabili, sottilissime e, in genere, a doppio filo. Attualmente è diffuso anche il rasoio elettrico che offre una rasatura, rapida sicura e veloce. Esistono differenti tipi di rasoi: uno dei più conosciuti è quello definito ‘libero’, cioè il tradizionale rasoio che utilizzano ancora oggi i barbieri con una lama che va affilata ogni tanto. Per l’uso domestico, in verità, il rasoio ‘ a mano libera’ è stato sostituito con i moderni rasoi dotati di una lama usa e getta che sono più igienici e anche più efficaci nella rasatura.

Esiste poi il rasoio a shavette che è sempre ‘a mano libera’ con la differenza che la lama non è fissa (e quindi da affilare periodicamente) ma si può sostituire con una lama nuova quando diventa usurata. Il rasoio a shavette, oggi, è quello più impiegato dai barbieri per una corretta pratica del loro mestiere. Un altro tipo di rasoio è quello definito ‘di sicurezza’ che consente la sostituzione della lama quando è sporca o usurata, mantenendo però la struttura di base; infine, c’è il rasoio usa e getta che racchiude le tradizionali lamette che si possono cambiare, e quindi gettare, quotidianamente dopo l’uso.

Fascino di come si puliscono le finestre dei grattacieli

Fascino di come si puliscono le finestre dei grattacieli

La pulizia dei grattacieli da sempre affascina grandi e piccoli. Un tempo si trattava di una pratica pericolosa che ha messo più volte a rischio la salute degli operai; oggi, invece, esistono strumenti sempre più sofisticati che riducono il rischio di incidenti e garantiscono un eccellente lavoro. Ci sono tre fattori principali coinvolti nella pulizia delle finestre dei grattacieli: gli attrezzi per la pulizia, la tecnologia del meccanismo di pulizia e le variabili ambientali.

Infatti, per scongiurare i rischi dell’altezza e del forte vento che spesso spira ai piani superiori, i sistemi di pulizia prevedono sture per tutti gli addetti, corde di sicurezza e protezioni per calarsi all’esterno delle , ventose per agganciarvisi, sistemi di lento e così via. Insieme, tutti questi congegni permettono all’addetto delle pulizie di scendere velocemente lungo l’edificio, mentre è saldamente legato. Quando il lavoro richiede l’impiego di più persone contemporaneamente, è necessario chiamare in causa un apposito carrello come quelli che.

Si tratta di passerelle meccaniche, agganciate al tetto e dotate di supporti pneumatici, che consentono a una squadra di lavorare insieme per velocizzare le operazioni di pulizia. Gli spostamenti verso l’alto e verso il basso del carrello vengono comandati con un apposito pannello di controllo del quale si trova una copia esatta anche in cima al palazzo. Ma c’è un altro fattore da tener presente durante il lavoro: il vento. Alla quota a cui arrivano certi grattacieli, le raffiche sono violente e possono creare turbolenze perché l’edificio devia il flusso d’aria nell’ambiente.

L’aria può arrivare a spostare gli operai, far volare via gli strumenti mettendo in pericolo i passanti sui marciapiedi sottostanti e rendere inutilizzabili le piattaforme di sostegno. Fortunatamente molti grattacieli moderni – come il Burj Khalifa a Dubai, che è il più alto del mondo – vengono progettati fin dall’inizio per deviare il vento in modo da evitare la creazione di vortici.

La pulizia dei vetri ad alta quota

Ecco quattro dei meccanismi più comuni per la pulizia dei grattacieli:

Boom. È uno dei sistemi di pulizia più diffusi perché consente a numerosi operai di pulire insieme la facciata. Sfrutta un sistema di bracci permanenti e può essere spostato solo in alto o in basso.

Carrelli. I carrelli su rotaie permettono di pulire grandi aree della facciata perché si spostano anche a destra e a sinistra, oltre che in verticale. Anche in questo caso si tratta di strutture permanenti che non possono essere rimosse dalla facciata.

Gru mobili. Sono la soluzione più semplice ed economica per la pulizia delle finestre dei grattacieli: hanno una base fissa sul tetto e un carrello che calano di volta in volta sul lato da pulire.

Imbragatura. Se il grattacielo ha facciate piccole l’operaio addetto alla pulizia può calarsi dall’alto con un’imbragatura ad alta tecnologia che gli permette di pulire restando seduto. Ovviamente è un metodo che richiede più tempo.

Mistero dei cosmetici degli antichi egizi

Mistero dei cosmetici degli antichi egizi

Nell’Antico Egitto si credeva che, nell’Aldilà, l’immagine dei defunti fungesse loro da corpo. Per questo motivo, nelle raffigurazioni funerarie, sia gli uomini che le donne venivano mostrati abbigliati delle loro vesti migliori e con il volto truccato. Anche in vita, tuttavia, l’uso di cosmetici da parte degli egizi era particolarmente comune. Oltre a truccare il viso, e in particolare gli occhi, gli egizi utilizzavano anche altre cure di bellezza che, in realtà, oltre ad avere una funzione meramente estetica ne avevano anche una squisitamente medica.

Nel corso della loro vita, gli Egizi ricorrevano a molte sostanze per decorarsi il viso. Quella più usata era il kohl, soprattutto per il contorno degli occhi. Il kohl aveva diversi usi a seconda della sua origine: una vernice verde ricavata dai minerali di malachite veniva applicata alle palpebre, mentre una specie di inchiostro nero estratto dalla galena, un tipo di minerale plumbeo, serviva per il contorno occhi.

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Il mondo dei veicoli a vapore

Il mondo dei veicoli a vapore

Non tutti sanno che dobbiamo alla fantasia e alla creatività dell’ingegnere vittoriano Sir Charles Parsons il fatto che ancora oggi si usino dei macchinari del primo secolo dopo Cristo per generare la maggior parte della nostra energia elettrica. Le turbine a vapore che perfezionò quest’uomo funzionano in modo simile a quelle azionate dal vento: le molecole presenti in un fluido fanno ruotare delle pale angolate generando energia meccanica che può essere convertita in energia elettrica da una dinamo.

Al posto di agenti meteorologici, la forza che genera la spinta può venire dall’impatto di un getto di vapore sotto pressione, nel caso delle turbine a impulso, oppure dal cambio di pressione generato dal vapore stesso mentre si espande, nel caso delle turbine a reazione. Nelle turbine Parsons, l’acqua veniva convertita in vapore tramite la combustione del carbone. Il vapore veniva quindi letteralmente schiacciato all’interno di uno o più cilindri contenenti una serie di rotori a disco innestati su un albero rotante. Lungo il perimetro di ciascun rotore si trovavano pale di bronzo progettate per ricevere la forza del vapore ad alta velocità senza andare in pezzi, in modo che poi questo andasse a colpire il gruppo di pale successivo con un angolo ottimale.

I rotori più moderni erano dotati di pale più lunghe, in modo da espandere il diametro e accogliere il maggior volume del vapore man mano che questo si raffreddava. Le più grandi conquiste di Parsons resero possibili gli avanzamenti tecnologici necessari a dar vita a turbine a vapore più efficenti nel generare energia. Tra queste spicca l’invenzione di un dispositivo di alloggiamento che permise ai rotori di girare a velocità superiori rispetto a quanto possibile in precedenza. Il suo progetto originario viene ancora impiegato al giorno d’oggi ed è grazie a questo se possiamo sfruttare al meglio le risorse rinnovabili del Pianeta.

A tutto vapore

Parson riuscì ad intuire le potenzialità del vapore al di fuori delle centrali elettriche. Era un assiduo sperimentatore di turbine e compressori su scala ridotta, come pompe, ventole ed erogatori d’aria. Tuttavia la più importante applicazione che realizzò non fu quella di dare energie ad apparecchiature su terraferma, quanto quella di permettere alle navi di raggiungere velocità elevate.

Nel corso di un’ardita dimostrazione, fece scalpore la rivista navale del 1897, durante la quale la sua barca da 44 tonnellate superò le navi più veloci della Marina Britannica, grazie alla turbina che la spingeva (e dalla quale derivava anche il nome della sua nave, Turbinia). Dieci anni più tardi, le turbine a vapore venivano adottate in larga scala dalla Marina Reale e da compagnie di navigazione come la Cunard.

Tutte le proprietà delle bacche di goji

Tutte le proprietà delle bacche di goji

Esistono due specie di bacche goji: la specie barbarum e quella chinense. Queste tipologie a loro volta sono riconducibili, come origine, alle Solanaceae di cui fanno parte prodotti particolarmente noti come le patate, i pomodori, il tabacco e le melanzane.

Dove si trovano le bacche di Goji?

Barbarum e Chinense, tuttavia, non sono i nomi completi della bacche di goji. Entrambe infatti sono precedute dal sostantivo Lycium che sta ad indicare la regione della loro origine, che è appunto la Licia, situata in anatolia. Le parole successive, barbarum e chinense, hanno un significato che molto probabilmente è legato al cinese antico e che secondo gli esperti – in entrambi i casi – rimanda al nome di ‘bacca’.

Il nome bacche di Goji, tuttavia, è arrivato solo nel 1973 per merito di uno studioso americano che per primo ne studiò le proprietà. Oggi le bacche di Goji crescono soprattutto in Cina, in Mongolia e in Tibet. Si tratta di bacche dal colore rossastro che, in tutti i casi, crescono in modo assolutamente spontaneo. Attualmente, una delle zone al mondo più popolate da bacche di goji è la Ningxia, terra particolarmente propensa per la crescita di queste acque perché ricca di montagne e corsi d’acqua.

In Cina sono state oggetto di numerose ricerche che le proprietà bacche di goji hanno evidenziato le straordinarie proprietà antiossidanti di queste piante. Per molti studiosi, infatti, queste piante sono addirittura equiparabili alla vitamina C.

I molteplici usi delle bacche di goji

Alla luce delle poche ricerche effettuate su queste bacche, molti studiosi e medici ne raccomandano l’assimilazione da parte dell’uomo, nonostante gli effetti di questa pianta non siano conosciuti al 100%. Le bacche di goji si possono assimilare anche appena raccolte dal momento che sortiscono un effetto assolutamente benefico.

Non a caso, queste bacche oggi si trovano – sotto diverse forme – in Inghilterra, America e Australia. Con le bacche di goji, infatti, si producono succhi di frutta ma anche merendine, conserve e yogurt. Per farsi un’idea di che sapore hanno le bacche di goji si potrebbe pensare a quello del mirtillo ma anche al lampone oppure all’uva passa.

In tutti i casi, che si decida di assumere le bacche sotto forma di marmellata oppure di merendina, sappiate che il gusto di queste bacche è davvero eccezionale e nulla ha a che vedere con il retrogusto amaro che spesso accompagna le altre tipologie di bacche. Non a caso, le applicazioni di questi frutti sono numerosi in campo alimentare: si va dalle crostate a base di bacche fino ai contorni per la carne passando per gli sfiziosi spuntini pomeridiani a base di yogurt.