Non tutti sanno che dobbiamo alla fantasia e alla creatività dell’ingegnere vittoriano Sir Charles Parsons il fatto che ancora oggi si usino dei macchinari del primo secolo dopo Cristo per generare la maggior parte della nostra energia elettrica. Le turbine a vapore che perfezionò quest’uomo funzionano in modo simile a quelle azionate dal vento: le molecole presenti in un fluido fanno ruotare delle pale angolate generando energia meccanica che può essere convertita in energia elettrica da una dinamo.
Al posto di agenti meteorologici, la forza che genera la spinta può venire dall’impatto di un getto di vapore sotto pressione, nel caso delle turbine a impulso, oppure dal cambio di pressione generato dal vapore stesso mentre si espande, nel caso delle turbine a reazione. Nelle turbine Parsons, l’acqua veniva convertita in vapore tramite la combustione del carbone. Il vapore veniva quindi letteralmente schiacciato all’interno di uno o più cilindri contenenti una serie di rotori a disco innestati su un albero rotante. Lungo il perimetro di ciascun rotore si trovavano pale di bronzo progettate per ricevere la forza del vapore ad alta velocità senza andare in pezzi, in modo che poi questo andasse a colpire il gruppo di pale successivo con un angolo ottimale.
I rotori più moderni erano dotati di pale più lunghe, in modo da espandere il diametro e accogliere il maggior volume del vapore man mano che questo si raffreddava. Le più grandi conquiste di Parsons resero possibili gli avanzamenti tecnologici necessari a dar vita a turbine a vapore più efficenti nel generare energia. Tra queste spicca l’invenzione di un dispositivo di alloggiamento che permise ai rotori di girare a velocità superiori rispetto a quanto possibile in precedenza. Il suo progetto originario viene ancora impiegato al giorno d’oggi ed è grazie a questo se possiamo sfruttare al meglio le risorse rinnovabili del Pianeta.
A tutto vapore
Parson riuscì ad intuire le potenzialità del vapore al di fuori delle centrali elettriche. Era un assiduo sperimentatore di turbine e compressori su scala ridotta, come pompe, ventole ed erogatori d’aria. Tuttavia la più importante applicazione che realizzò non fu quella di dare energie ad apparecchiature su terraferma, quanto quella di permettere alle navi di raggiungere velocità elevate.
Nel corso di un’ardita dimostrazione, fece scalpore la rivista navale del 1897, durante la quale la sua barca da 44 tonnellate superò le navi più veloci della Marina Britannica, grazie alla turbina che la spingeva (e dalla quale derivava anche il nome della sua nave, Turbinia). Dieci anni più tardi, le turbine a vapore venivano adottate in larga scala dalla Marina Reale e da compagnie di navigazione come la Cunard.