Scienza

Se pensi che il forno a microonde sia dannoso, dovrai ricrederti

Non si può certo dire che il forno a microonde abbia avuto vita facile nella società moderna. Certo, è uno degli elettrodomestici più diffusi nelle nostre case e ha avuto il suo momento di gloria, agli inizi degli anni duemila per la precisione. Ma considerando che è nato nel 1946, fa specie il fatto che ancora oggi, più di 70 anni dopo, debba scontare il peso di dicerie e maldicenze.

Dicerie che ruotano per la maggior parte attorno al metodo di cottura: si è detto, negli anni, che i cibi cotti nel forno a microonde sono radioattivi, che le microonde alterano la struttura degli alimenti, che possono addirittura dar luogo a sostanze tossiche. Ma c’è davvero da preoccuparsi?

Niente affatto: la cottura a microonde è rapida e non supera i 100 gradi di temperatura, dunque la maggior parte delle sostanze nutritive dei cibi -vitamine e minerali, ad esempio- viene preservata e non c’è rischio che si creino alcuni composti notoriamente cancerogeni che si formano alle alte temperature. 
Ma “chi è” e da dove viene il forno a microonde? E come mai la sua reputazione è stata macchiata da qualche ombra?

Un metodo di cottura scoperto per caso

La cottura a microonde fu scoperta per caso nel 1945 da un dipendente di un’azienda americana del settore della difesa: mentre stava lavorando alla fabbricazione di magnetron per apparecchiature radar, notò che una caramella che aveva in tasca si era sciolta. Ci mise poco a correlare ciò all’esposizione al campo elettromagnetico generato dal magnetron.

Le microonde sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’onda molto piccole; il loro potere di cuocere i cibi si deve al fatto che “agitano” le molecole di alcune sostanze: le molecole agitate, sfregando contro le molecole circostanti, creano un attrito che a sua volta genera calore in grado di riscaldare e cuocere la sostanza. 
Da qui la prima diceria: la cottura a microonde altera la struttura molecolare dei cibi, rendendoli potenzialmente dannosi.

Le microonde non alterano la struttura molecolare

Le microonde però sono onde a bassa energia, non ionizzanti, non sono quindi in grado di modificare la struttura molecolare delle sostanze proprio perché non possiedono energia in quantità sufficiente a modificare un atomo (la cosiddetta “ionizzazione”).
 L’altro argomento spesso cavalcato dai detrattori del fornetto microonde è quello delle radiazioni emesse dall’apparecchio: possono essere nocive per la salute umana?

Potrebbero esserlo, se non fosse che il forno a microonde è interamente schermato. Dispone di un guscio metallico che agisce da gabbia di Faraday, impedendo la fuoriuscita delle onde elettromagnetiche, in più nello sportello è incorporata una fine rete metallica che, avendo maglie di larghezza inferiore alla larghezza d’onda delle microonde, impedisce loro il passaggio. Quando lo sportello viene aperto, la produzione di microonde si interrompe automaticamente.

Alla giusta distanza

Volete essere proprio sicuri sicuri? La piccola dispersione di microonde rilevata a una distanza di 1 m dall’apparecchio è un centesimo di quella rilevata a 5 cm da esso; quest’ultima è comunque molto inferiore a quella di un qualsiasi telefono cellulare. Dunque è sufficiente stargli a debita distanza mentre è in funzione. Consiglio tanto più valido se l’apparecchio ha già qualche anno e si teme che le guarnizioni dello sportello non isolino più come un tempo.

Eliminare l’umidità con un deumidificatore

Eliminare l’umidità con un deumidificatore

In casa, mentre si svolgono le azioni di tutti i giorni è possibile correre seri rischi per la salute. Quando si fa la doccia, per esempio, l’umidità provocata dall’acqua calda può danneggiare le nostre vie respiratorie. In questi casi avere un deumidificatore può essere importante per salvaguardare la propria salute.

L’importanza del deumidificatore

Il deumidificatore è in grado di abbassare il livello di umidità presente nell’aria e, per via della sua funzione, è particolarmente apprezzato in quanto riduce alcuni rischi di salute anche gravi. Un deumidificatore, tuttavia, non è in grado di eliminare del tutto la percentuale di umidità presente nell’aria. In questo caso, infatti, ci sarebbero ugualmente controindicazioni per la salute umana legate all’eccessiva disidratazione dell’aria.

Per questo motivo, il suo compito principale è quello di mantenere costante la percentuale di umidità presente nell’aria in un intervallo compreso tra il 30% e il 50%. In qualche modo, quindi, il deumidificatore è in grado di conservare la temperatura ideale in casa oltre ad eliminare dall’aria le umidità per cui contribuisce a prevenire gli sbalzi termici che pure sono causa frequente di malanni.

Perché è importante svuotare la tanica del deumidificatore

Nel momento in cui il deumidificatori per ambienti aspirano l’umidità, in effetti, quest’aria umida viene veicolata nel corpo principale mediante una serpentina che – grazie al suo movimento – fa aumentare la temperatura dell’aria e la trasforma in acqua che appunto va a depositarsi in questo serbatoio posteriore.

Quando la tanica è piena d’acqua, generalmente, il deumidificatore si spegne e quindi non funzionerà fino al momento in cui la vaschetta sarà di nuovo svuotata. In genere, la vaschetta si riempie nel giro di 8 -10 ore e dovrebbe essere svuotata massimo 24 ore dopo il suo riempimento, altrimenti si rischia anche di compromettere il suo corretto funzionamento. In alternativa, è possibile installare dietro la vasca un tubo che serve a drenare automaticamente l’acqua e quindi a svuotare la vaschetta senza doverla ogni volta rimuovere.

In tutti i casi, è bene sapere che l’acqua che si accumula nella vaschetta va buttata perché non è in nessun caso potabile. L’acqua della vaschetta, infatti, non è un’acqua minerale ma, al contrario, è carica di batteri ed è per questo che – se non rimossa in breve tempo – diventa il luogo ideale per la proliferazione dei funghi. Il deumidificatore in casa consente di evitare molti fastidiosi problemi tra cui la muffa sulle pareti, l’intonaco del muro che si stacca e penzola a mezz’aria, nonché la corrosione di mobili in legno e materiali plastici.

Autoradio: alla scoperta delle onde

Autoradio: alla scoperta delle onde

L’autoradio è in grado di captare onde radio e convertirle in onde sonore. L’autoradio in sostanza è divisa in due parti: la prima è destinata a captare le onde elettromagnetiche e la seconda a diffondere le onde sonore.

Il meccanismo dell’autoradio

L’autoradio è costituita da valvole che hanno il compito di amplificare centinaia di migliaia di volte i segnali di entrata e a potenziare quelli di uscita. Le valvole destinate all’amplificazione dei segnali radio vengono dette amplificatrici radio e quelle per l’amplificazione del suono, amplificatrici audio. La trasformazione dei segnali radio in segnali audio avviene a mezzo della valvola rivelatrice.

I transistor hanno funzione del tutto analoga alle valvole: presentano il vantaggio di un ingombro molto più ridotto e di una minor fragilità, ma hanno una capacità amplificatrice più ridotta, sicché, a parità di potenza, il numero dei transistor è sempre superiore a quello delle valvole. Le autoradio din possono avere una sola valvola (che consta di due parti: una rivelatrice radio e una arrolificatrice audio) e via via un numero sempre maggiore di valvole.

Elemento indispensabile in ogni caso è sempre l’antenna; anche quando apparentemente si ritiene che l’apparecchio ne sia privo, perché la stessa è stata staccata, la funzione di antenna può essere svolta dai fili conduttori presenti all’entrata dell’apparecchio.

Le valvole dell’autoradio

Gli apparecchi ad altoparlante debbono avere almeno come minimo tre valvole. Aumentando il numero delle valvole oltre un certo limite, la sensibilità dell’apparecchio risulta eccessiva ponendolo in grado di captare anche i più piccoli disturbi esterni e rendendo meno comprensibile l’ascolto. I radioricevitori possono essere classificati in due categorie principali: quelli in cui la amplificazione viene effettuata sulla frequenza in arrivo (ad amplificazione di frequenza) e quelli in cui la frequenza vien cambiata in un’altra frequenza prima della amplificazione e rivelazione.

Questi ultimi, decisamente più impiegati per la loro sensibilità, selettività e fedeltà e basso coefficiente di rumore, vengono detti a conversione di frequenza o supereterodine. I comandi vengono effettuati mediante una apposita tastiera costituita di un interruttore-rete per l’accensione e lo spegnimento che generalmente è abbinato al regolatore di volume, dal regolatore di tono, dal commutatore per onde medie (a modulazione di ampiezza) e per onde ultracorte (a molulazione di frequenza).

Dal regolatore di sintonia per la ricerca della stazione: quest’ultimo comando può essere anche realizzato mediante un certo numero di tasti che spostano automaticamente la sintonia su un determinato numero di stazioni, per le quali l’apparecchio è stato preventivamente regolato. Altri accessori, di cui possono essere provviste le autoradio, sono gli altoparlanti supplementari.

Scienza e l’arte del drifting

Scienza e l’arte del drifting

Sembre tutta scena, ma il drifting richiede grande tecnica di guida e conoscenza della fisica. Di primo acchito sembra di vedere un’auto che ha perso completamente il controllo, ma in realtà il drifting è un modo di guidare molto tecnico, che prevede l’andamento controllato del veicolo. Consiste nel saper mantenere il veicolo in sovrasterzo affrontando una serie di curve.

Il pilota deve continuamente alternare l’uso di acceleratore, freni, frizione e sterzo. Le auto devono essere a trazione posteriore ed essere dotate di frizione e freno a mano sovradimensionati. Va da sé che il consumo di pneumatici è molto elevato. Il drifting non è praticabile sulle strade pubbliche per la rumorosità di motori e gomme che stridono e dell’intenso fumo provocato dalla frazione degli pneumatici sull’asfalto. Lo si può praticare, magari con l’assistenza di istruttori, in luoghi specifici e durante manifestazioni ganizzate.

Il re dei drifters

Sebbene il Giappone sia la patria dei migliori piloti di drifting, uno dei drifter più conosciuti è Shane Lynch, ex cantante dei Boyzone. Lynch ha sempre, avuto una passione per le corse ed è giunto al drifting dopo una breve carriera in British GT. Fa parte del team JapSpeed dal 2009 e partecipa ai campionati di drifting UK. Lynch e il team Subaru hanno fatto parlare di sé in seguito a un’incredibile vicenda: il furto di un’auto da 50mila sterline avvenuto sotto gli occhi di tutti durante una manifestazione nel 2012. La cattura dei ladri è stata possibile grazie ai numerosi filmati che mostravano la vistosa vettura in fuga nei dintorni di Londra.

Come si “drifta” ?

È uno sport molto difficile da imparare, ma una buona conoscenza dei limiti della propria vettura è la chiave per iniziare nel modo giusto.

1. Approccio. Affronta la curva con il motore a pieni giri. Sterza con decisione in modo da far scodare l’auto, aiutandoti eventualmente anche con il freno a mano, se la vettura non è abbastanza potente.

2. Controsterzo. Appena la vettura punta direttamente verso l’angolo interno della curva, controsterza immediatamente e accelera senza eccedere, per evitare il testa coda.

3. Aggiustamenti dello sterzo. Ora, piccoli tocchi di sterzo e acceleratore ti permetteranno di mantenere la vettura in sovrasterzo in curva. Premi l’acceleratore e tienila su di giri per mantenerne il controllo.

4. Fare il pendolino. Finita la prima curva preparati immediatamente alla successiva. Accelera al massimo in controsterzo in modo da far scodare la parte posteriore dell’auto nella direzione opposta alla precedente.

5. Seconda curva. Affronta la seconda curva con la coda dell’auto dalla parte opposta alla prima. Controsterza di nuovo fino a puntare l’angolo interno della curva.

6. Uscita. Puoi driftare anche in rettilineo se vuoi, ma per concludere il giro basta semplicemente togliere il gas e portare le ruote in parallelo alla pista.